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di Giuseppe Longo

UDINE – Grandioso, sublime, orgoglio di questa terra! La monumentale “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi era stata annunciata come un evento per il Friuli e così è stato. Un’opera straordinaria e preziosa che arricchisce il già prestigioso calendario del Teatro Nuovo Giovanni da Udine e che, appunto, segna un momento molto importante, assolutamente da non sottovalutare, nel panorama culturale-artistico di casa nostra. Infatti, il Friuli Venezia Giulia, regione fra le più piccole d’Italia con poco più di un milione di abitanti, è in grado di proporre con le proprie forze anche questi capolavori che hanno scritto a caratteri cubitali la storia della musica sacra del Vecchio Continente, ma anche del mondo intero. Protagonisti la Fvg Orchestra, il Coro del Friuli Venezia Giulia e il Coro del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, realtà di grande valore e tutte Made in Friuli Venezia Giulia. Come pure, per un certo verso, lo stesso direttore Roberto Abbado, nelle cui vene scorre anche sangue friulano. E il “tutto esaurito” di ieri sera – il Teatrone, inaugurato negli anni Novanta, ha una capienza di oltre 1200 persone! – premia la competenza e la lungimiranza dei vertici del Giovanni da Udine. «Un sentito ringraziamento – ha affermato, tra l’altro, sui social l’assessore regionale alla Cultura, Mario Anzil – va rivolto al soprano Fiorenza Cedolins, anch’essa friulana, per aver fortemente promosso questo spettacolo, dimostrazione del talento e dell’eccellenza che il Friuli Venezia Giulia sa offrire». «In uno spirito di profonda connessione con il territorio», ha poi aggiunto l’esponente della Giunta Fedriga.

Tre compagini molto applaudite e che hanno “dialogato” con quattro voci soliste altrettanto premiate dalle prolungate ovazioni del pubblico che alla fine dell’emozionante concerto, durato quasi un’ora e mezza, hanno richiamato più volte sul palco il soprano Roberta Mantegna – all’altezza del compito nonostante l’indisposizione annunciata all’inizio della serata! -, il mezzosoprano Annalisa Stroppa, il tenore Antonio Poli e il basso Alessio Cacciamani. Assieme allo stesso direttore Abbado e ai maestri dei Cori Cristiano Dell’Oste e Paolo Longo. Da rimarcare poi la presenza di numerosi giovani, entusiasti e preparati, e quindi promettenti. Insomma, tutti protagonisti di un grande evento per Udine e per l’intera regione. Lo stupendo “Requiem” verdiano non è, infatti, un’opera da programmazione ordinaria, se non altro per la grandiosità degli organici richiesti e quindi dell’impegno economico: sul palco c’erano oltre 150 musicisti! Lo stesso Cigno di Busseto, quando informò l’editore Ricordi della sua intenzione di onorare Alessandro Manzoni nel primo anniversario della scomparsa, infatti scrisse: «La Messa avrebbe proporzioni piuttosto vaste, ed oltre a una grande orchestra ed un grande Coro, ci vorrebbero anche (ora non potrei precisarli) quattro o cinque cantanti principali». Un’opera che, per Giuseppe Verdi, rappresentò «un bisogno del cuore – come scrisse al sindaco di Milano – che mi spinge a onorare, per quanto posso, questo grande, che ho tanto stimato come Scrittore, e venerato come uomo, modello di virtù e di patriottismo». La prima esecuzione del “Requiem”, diretta dallo stesso Maestro nato nell’umile casetta di Roncole, avvenne il 22 maggio 1874 nella Chiesa milanese di San Marco, quando l’Italia unita, sognata dal Letterato e dal Musicista, era ormai una realtà.

Un “monumento della musica”, insomma, dai ritmi trascinanti e coinvolgenti, che pone l’uomo dinanzi al mistero di quello che c’è dopo la morte, al suo distacco dalla vita terrena, alla severità del Giudizio con quel “Dies irae” da Vecchio Testamento così immenso e solenne eseguito, con la potenza delle voci e dei timpani, per ben tre volte durante l’omonima sequenza e ripreso anche nel conclusivo “Libera me” che Verdi aveva composto per la dipartita di Gioacchino Rossini e che poi, fallito quel progetto, inserì in questo omaggio manzoniano. Una Messa che, con la grande espressività del testo latino, segue fedelmente, pur trascurando qualche piccolo dettaglio, i passi della liturgia tridentina “pro defunctis” del tempo – ma in uso fino alla riforma conciliare – e che, a momenti di grande serenità e pace, come il “Requiem” e il”Kyrie” iniziali, travolge chi l’ascolta con il terrore della Sentenza divina, contrassegnata con grande effetto e pathos dalle trombe del “Tuba mirum” – due quelle decentrate sul secondo palco del Teatro -, ma anche dal dolce e nel contempo malinconico “Lacrimosa”. Festoso, invece, il “Sanctus”, testo comune a tutte le celebrazioni eucaristiche e quindi senza riferimenti al “trapasso”, e rasserenante il successivo “Agnus Dei”, prima di giungere al vero e proprio “sigillo” sulla fragile esistenza umana giunta a termine, anticipato dal “Lux aeterna” ed esploso nel “Libera me” aperto dalla voce cupa e “impaurita” del soprano che invoca al Signore la liberazione dalla morte eterna in quel giorno tremendo, quando cielo e terra saranno sconvolti (“coeli movendi sunt et terra”). E tutto viene sottolineato per la quarta volta dal ritorno del “Dies irae” senza riferimenti però a “teste David cum Sibylla” ma con l’aggiunta di “calamitatis et miseriae, dies magna et amara valde”. Prima di approdare a un grande senso di profondità spirituale e liberazione quando il coro invoca il riposo eterno nella luce perpetua, concluso dalla nuova invocazione, da parte di tutte le voci, del “Libera me Domine, de morte aeterna”. Affinché l’anima possa stare, come si era auspicato ancora nel precedente inno della Comunione, “Cum Sanctis tuis in aeternum, quia pius est”. Perché il Signore, dopo tutto, è buono e misericordioso!
Un “sigillo” sottolineato, come dicevamo, da fragorosi e lunghi applausi con i quali il pubblico del Giovanni da Udine ha voluto esprimere il suo apprezzamento per questo concerto – appunto, omaggio a Giuseppe Verdi a 150 anni dalla sua “Messa da Requiem” – che resterà scritto nell’Albo d’oro del Teatro friulano. Proprio perché frutto della grande preparazione e talento degli artisti che questa terra continua a esprimere con successo.

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In copertina, il maestro Abbado con i quattro cantanti; all’interno, Fvg Orchestra e Cori Fvg-Teatro Verdi, il soprano e il mezzosoprano, il direttore ancora con i solisti, sul palco anche i maestri corali Dell’Oste e Longo, e un settore del foltissimo pubblico.

(L’immagine di copertina e le prime due all’interno sono del fotografo Glauco Comoretto per gentile concessione del Teatro Nuovo Giovanni da Udine)

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